Museo di Zoologia
Storia
Il primo nucleo del Museo Zoologico dell'Università di Padova fu costituito dalla collezione di Antonio Vallisneri, chiamato a Padova nel 1700 a coprire la cattedra di Medicina. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1730, il figlio omonimo donò la collezione paterna all'Università. Nel 1734, quando avvenne la divisione dell'insegnamento della Botanica, "Semplici vegetabili", da quello dei "Semplici non vegetabili", Antonio Vallisneri figlio fu chiamato a coprire quest'ultima cattedra. Nacque quindi il Gabinetto di Storia Naturale dell'Università di Padova, spesso chiamato “Museo Vallisneriano”.
Dell'epoca di Vallisneri figlio sono tuttora conservati due importanti reperti, ben documentati e datati: una gigantesca tartaruga liuto, Dermochelys coriacea, donata all'Università di Padova da Papa Clemente XIII nel 1760 e divenuta olotipo della specie (Linneo, 1766); presente inoltre uno scheletro incompleto di capodoglio, Physeter macrocephalus, pescato nei pressi di Zara nel 1767 e acquisito dalla Repubblica di Venezia.
Dopo la morte di Vallisneri figlio (1777), per circa trent'anni, la cattedra di Storia Naturale rimase vacante ed il Museo cadde in stato di completo abbandono fino all'avvento del napoleonico Regno Italico che ripristinò la cattedra di Storia Naturale, affidandola a Stefano Andrea Renier nel 1806. Questi mise grande impegno nel riordino delle collezioni, separando definitivamente la parte archeologica, la parte fisica e quella medica, che vennero associate alle rispettive cattedre, mentre la parte naturalistica rimase nella sua sede al Bo', arricchita di numerosissimi esemplari sia fossili sia conservati.
Dopo la sua morte (1829), l’incarico fu affidato al bellunese Tommaso Antonio Catullo, come professore e Direttore del Gabinetto di Storia Naturale. Egli si apprestò con grande impegno ad assolvere il compito di riordinare le Collezioni zoologiche, già catalogate in modo discontinuo dal Renier, creando un catalogo ragionato dei materiali museali che occupavano tre stanze del palazzo del Bo' e contavano non meno di 1400 specie.
Nel 1869, la cattedra di Storia Naturale fu sdoppiata nei due insegnamenti di Geologia e Mineralogia (attribuito a Giovanni Omboni) e di Zoologia e Anatomia Comparata, quest’ultimo affidato al trentino Giovanni Canestrini, il quale lo terrà fino alla sua morte (1900). Il Canestrini fu un grande studioso, convinto evoluzionista (per primo tradusse in italiano l'Origine delle specie di Darwin), che si dedicò con slancio alla valorizzazione e all'arricchimento di quello che diventerà il Museo di Zoologia e Anatomia Comparata. Infatti, sotto la sua direzione, il Museo fu trasferito nel 1873 dal Bo' alla Scuola di S. Mattia, vicino all'Ospedale. A Canestrini sono attribuite nuove collezioni di uccelli e pesci, ma soprattutto una ricchissima raccolta di Aracnidi (di cui era specialista) e di Miriapodi, che comprende numerosi esemplari-tipo e specie nuove per l'Italia.
Negli anni successivi, la storia del Museo seguendo la storia mondiale ha attraversato un periodo travagliato finché, negli anni '50, il prof. Giorgio Marcuzzi fu incaricato del riordino del museo, che venne rinnovato e riaperto al pubblico nel 1966. Alla fine degli anni ’70 le collezioni, situate all’ultimo piano dell’Istituto di Zoologia e Anatomia comparata, in via Loredan furono nuovamente trasferite, con i relativi arredi, in uno stabile di via Jappelli. Qui, giacquero in stato di semi abbandono per circa trent'anni, per poi essere nuovamente riordinate e restaurate a partire dai primi anni 2000 e quindi riorganizzate in 4 sale espositive aperte alle scuole e agli studenti universitari, oltre che alla cittadinanza. Questo allestimento temporaneo è stato quindi smantellato in occasione dell'allestimento del Museo della Natura e dell'Uomo ma i locali di via Jappelli rimangono deposito del materiale non esposto e laboratorio di restauro.