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Ecco il volto di San Teobaldo

Le indagini del gruppo di lavoro dell'Università di Padova

a cura di Nicola Carrara

 

L’idea di ricostruire le fattezze di San Teobaldo scaturì nell’ambito delle Giornate di Studio Teobaldiane del 2018 (XII edizione), tenutesi a Saint Thibault des Vignes, in Francia. Ogni anno, in quel contesto, si ritrovano studiosi francesi e italiani per aggiornarsi sulle continue scoperte e riscontri relativi alla figura e al culto del Santo. La suggestione nacque dall’eco derivata da altre due ricostruzioni di volti di figure religiose conosciutissime fatte dall’Università di Padova: Sant’Antonio (2014) e San Valentino da Monselice (2018).

Le fonti storiche riportano che Teobaldo nacque nell’anno 1033 a Provins, in Francia, da nobile famiglia e, quasi duecento anni prima di San Francesco d’Assisi, abbandonò agi e ricchezze per dedicarsi ai poveri, iniziando a peregrinare per l’Europa fino a quando giunse a Roma per visitare i luoghi della cristianità. Dopo quell’importante esperienza maturò un nuovo disegno: recarsi in Terra Santa. Per questo si incamminò verso Venezia dove contava di imbarcarsi ma, assalito dai briganti, si rifugiò in una boscaglia nei pressi di Sossano (Vi) dove rimase fino alla morte. Lì fondò una comunità di confratelli, seguendo la regola camaldolese. Morì nel 1066 e subito il suo corpo venne portato in cattedrale a Vicenza. La canonizzazione avvenne dopo sette anni dalla morte ad opera di Papa Alessandro II. Nel 1074, il suo corpo venne spostato presso l’Abbazia della Vangadizza di Badia Polesine (Ro). A seguito dell’editto napoleonico a inizio ’800, i resti del Santo vennero trasferiti nella chiesa parrocchiale di Badia Polesine dove sono tuttora custoditi.

Proprio nella chiesa intitolata a San Giovanni Battista, il 26 giugno 2019 è avvenuta la ricognizione dei resti scheletrici di San Teobaldo. Lo studio è stato condotto da un gruppo dell’Università di Padova (Gilberto Artioli, Nicola Carrara, Luca Pagani, Monica Panetto, Cinzia Scaggion e Alberto Zanatta), in collaborazione con la trentina Arc-team s.r.l. di Cles (Luca Bezzi e Cicero Moraes). La ricognizione del corpo era la decima nella storia e la seconda condotta dall’ateneo di Padova, dopo quella del 1972 guidata da Cleto Corrain.

Il primo dato scientifico rilevante è quello proveniente dall’analisi del radiocarbonio (14C). Da un campione di radice dentaria è stato possibile stabilire che l’antichità dell’individuo è ben sovrapponibile con i dati storici. Infatti, il radiocarbonio colloca la morte del soggetto tra il 988 e il 1163 d.C., con un grado di accuratezza superiore al 95%. Inoltre, lo stato conservativo delle ossa che appariva eccellente dal punto di vista macroscopico, è stato comprovato attraverso la spettroscopia a raggi infrarossi (FTIR). Questa analisi ha permesso di verificare che sia la parte organica che quella inorganica dell’osso erano in buono stato.

Lo studio antropologico è partito dall’individuazione degli elementi ossei presenti ed ha confermato quanto osservato da Corrain nel 1972. Sono presenti il cranio e la mandibola, qualche elemento del torace e dell’arto superiore sinistro, il bacino e le ossa lunghe degli arti inferiori, con l’eccezione della fibula destra. Cranio e bacino sono ben diagnostici nella determinazione del sesso e dell’età. Sono, infatti, riconducibili ad individuo maschile adulto con età compresa tra i 30 e i 35 anni. Quest’ultimo elemento rafforza quanto riportato dalle fonti storiche che parlano di una morte avvenuta a 33 anni.

Alcune fonti storiche riportano che San Teobaldo si fosse malato di lebbra, proprio nella fase della vita in cui si dedicò ai più poveri. La lebbra o malattia di Hansen è una malattia infettiva e cronica che colpisce la pelle e i nervi periferici in vari modi e gradi, anche molto invalidanti. È causata dal batterio Mycobacterium leprae. Le lesioni osservate sul cranio sono tutte riconducibili alla manifestazione della lebbra riportate in letteratura. Sono attribuibili alla forma clinica di tipo borderline, una forma che se non trattata può degenerare verso situazioni più gravi.

Due campioni sono stati selezionati per l’analisi genetica per avere informazioni su alcune caratteristiche utili alla ricostruzione del volto (colore della pelle, colore degli occhi, forma e colori dei capelli) e per avere conferma della malattia. Sfortunatamente la quantità e la qualità del DNA estratto si sono rivelate cattive e, quindi, non informative. Le caratteristiche legate alla ricostruzione del volto sono state stabilite facendo una stima ragionata di quei tratti nell’area di provenienza al tempo in cui San Teobaldo visse.

La ricostruzione facciale forense di San Teobaldo rappresenta un tipico caso di studio in cui il flusso di lavoro ha seguito la metodologia standard. L’ottimo stato di conservazione delle reliquie ha permesso di eseguire un’accurata documentazione di cranio e mandibola già in sede di ricognizione, impiegando tecniche fotografiche di SfM (Structure from Motion) e MVS (Multi-View Stereoreconstruction), di norma utilizzate per i resti scheletrificati. Terminata l’acquisizione delle immagini sulle reliquie del Santo, si è proceduto col processamento dei dati per ottenere un modello 3D digitale. Su questo, l’artista forense ha potuto iniziare il lavoro di ricostruzione del profilo (naso e labbra) e dei volumi di muscolatura e pelle, giungendo al modello glabro. Si è così potuti passare alla fase finale della calibrazione e della vestizione del modello, durante la quale sono stati aggiunti capelli, barba e occhi castani e un saio chiaro, come tramandato dalla tradizione.

Questa ricostruzione, come le altre effettuate in passato, ha un grado di aderenza al reale con un minimo di 75% ad un massimo di 90% e non si limita solamente alla restituzione ai fedeli del volto venerato, ma offre agli studiosi la possibilità di verificare i protocolli di lavoro applicabili in altri contesti archeologici o forensi.