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#tiracconto

Il patrimonio raccontato da voi!

Martedì 8 marzo 2022, sui canali Facebook e Instagram del CAM, è stata lanciata la rubrica #tiracconto, un modo nuovo, a più voci, di narrare e conoscere il ricco patrimonio che ci circonda. La Convenzione di Faro del 2005 ha riconosciuto la necessità che i singoli individui siano coinvolti nel processo di definizione dell’eredità culturale comune, sottolineando come quest’ultima possa essere una preziosa risorsa per lo sviluppo sostenibile e per un miglioramento della qualità di vita.

Seguendo la convinzione che, per ottenere un’idea partecipativa e interdisciplinare del patrimonio, sia importante mettervi al centro la persona e i valori umani, ogni martedì mattina uscirà un post che riporterà voci, emozioni e ricordi di visitatori o personale d’ateneo rimasti particolarmente colpiti o affascinati da strumenti scientifici, reperti e opere conservati nei nostri musei o presenti nei meravigliosi palazzi dell’Università.

È capitato anche a voi di subire il fascino di un particolare reperto delle nostre collezioni? Un’opera o uno strumento particolare hanno risvegliato in voi emozioni o rievocati ricordi lontani? Raccontatecelo e partecipate alla campagna scrivendo a centromusei@unipd.it e indicando il Museo con cui si vuole aderire!

 

La rubrica, curata da Maria Cecilia Lovato, è realizzata in collaborazione con i conservatori delle collezioni d’Ateneo.

Ecco un assaggio dell’edizione speciale di lancio, pubblicata l’8 marzo: 5 racconti al femminile in occasione della Festa della Donna!

 

CRISTINA ci parla della SEDIA LIVIA (Patrimonio Storico Artistico di Ateneo)

Vi invito a conoscere “Livia”.
È stato un incontro si può dire quasi casuale, ma mi è piaciuta da subito. Da giorni percorrevo i corridoi e attraversavo le più belle sale del rettorato a Palazzo Bo. I miei occhi si riempivano quotidianamente di immagini di sontuosi arredi, impreziositi da eleganti tappezzerie, decorati da finissimi fregi, borchie, frange dorate, velluti, pellami, legni…quando in Sala da Pranzo ho scorto lei: “Livia”. Era lì accostata a uno dei tavoli più prestigiosi di Palazzo Bo, sembrava quasi timida accanto a quell’enorme tavolo. Lei, una bellezza pulita, semplice, uno stile inconfondibile, un’eleganza naturale. Nessuna tappezzeria sulla seduta, nessun intarsio sullo schienale, solo legno sagomato. Una linea inconfondibile, basta toccarla, sedervisi per capire che dietro all’apparente povertà dei materiali che la compongono, è la seduta di Palazzo Bo più comoda e più elegante. Un disegno lineare, apparentemente banale che nasconde un carattere preciso, forte, definito e pratico. Un’eleganza semplice che rispecchia a mio avviso l’obiettivo del suo ideatore, Arch. Gio Ponti: praticità, comodità e grande stile, inconfondibile pure in mezzo alle migliori imitazioni.
Dovessi paragonare Livia a una donna direi che siamo di fronte a una bellezza “acqua e sapone”, con classe, stile, determinazione, una donna pratica ed elegante. Una donna che hanno provato a imitare, copiare ma che è rimasta unica e all’altezza di qualsiasi contesto.

Nella foto: Gio Ponti (disegnatore), Sedia modello "LIVIA" in legno, 1937-1943, cm. 89 x 44,5 x 45, conservata in Palazzo Bo, Sala da Pranzo.

 

ANNA ci parla dell'AMBRA FOSSILIZZATA (Museo di Geologia e Paleontologia)

Nella primavera del 2019, ho avuto l'opportunità di visitare il Museo di Geologia e Paleontologia di Padova.
Mi sono soffermata davanti ad una vetrina dove all'interno ci sono dei reperti di Ambra del Baltico, una resina fossile.
In particolare mi hanno colpito un paio di orecchini che preservano al loro interno degli insetti: ciò mi ha fatto rendere conto che tutto vive….
anche quegli oggetti preziosi legati alla mia professione di gioielliera a cui finora avevo attribuito un semplice valore estetico.
Queste ambre hanno imprigionato nella loro conformazione gli insetti ignari di poter esser protagonisti per sempre in una vetrina così prestigiosa come quelle del Museo di Geologia e Paleontologia di Padova.

Nella foto: Esemplare di ambra dalle collezioni del Museo di Geologia e Paleontologia. L’ambra è la resina fossilizzata di alberi oggi estinti. Conosciuta dall'uomo sin dai tempi antichi, in passato l'ambra fu usata non solo per scopi ornamentali, come avviene ancor oggi, ma anche come terapeutico. Molto spesso all'interno della resina fossile si possono conservare innumerevoli forme viventi, dai microbi ai vertebrati, dalle spore a resti di piante superiori, diventando così una sorta di scrigno del tempo.
I fossili più antichi racchiusi entro l'ambra datano al Carbonifero (circa 350 milioni di anni fa), mentre le ambre più recenti hanno 2,6 Ma.
Depositi d'ambra sono noti in tutto il mondo tra cui anche in Italia.

 


EMANUELA ci parla della FORMELLA IN GESSO CON ANGELI CANTORI (Museo di Scienze Archeologiche e d'Arte)

La formella in gesso raffigurante gli Angeli cantori è fra i primi reperti della Collezione Mantova Benavides che ho potuto rilevare in 3D all’inizio del mio percorso formativo all’Università di Padova. È proprio questo reperto che mi ha permesso di cogliere quanto una riproduzione virtuale possa essere al contempo sia un portale visuale ed uno strumento di gestione della complessità per tutte le classi di utenza, ma anche un veicolo emozionale. È un modo di proporre il reperto che supera i limiti di spazio e tempo e diventa subito accessibile e fruibile interattivamente con la possibilità di coglierne la bellezza e la poesia del suo racconto.

Nella foto: Formella con angeli cantori, calco in gesso, sec. XVI, Museo di Scienze Archeologiche e d'Arte - Unipd. Il calco è tratto da una delle formelle in bronzo con angeli realizzate da Donatello per l'altare della basilica del Santo in Padova nel 1477.

ANNA GIULIA ci parla della CHARPENTIERA ITALA BALDENSIS (Museo di Zoologia)

Questo esemplare, apparentemente di scarsa importanza se confrontato con altri reperti del museo, ha per me un fortissimo potere evocativo e di conseguenza un valore sentimentale aggiunto. Si lega per me a ricordi di estati d’infanzia passate tra la campagna, le passeggiate nei boschi e l’affetto delle mie nonne.
Grazie alla sua semplicità e alla sua unicità riesce, ogni volta che lo guardo, a trasportarmi in quei ricordi fatti di sole e profumi. Per questo l’ho scelto e condiviso con voi tramite il progetto #tiracconto.

Nella foto: Mollusco terreste della collezione di Edoardo De Betta e cartellino originale con i dati di raccolta - Museo di Zoologia UniPd

 


CRISTINA ci parla della DOLOMIA (Museo di Geologia e Paleontologia)

Era il 4 agosto 2021 quando questo reperto ha catturato la mia attenzione. Mi trovavo in Sala dei Telamoni per le operazioni di trasloco delle collezioni di fossili e rocce del museo. Quel giorno mi stavo occupando di inscatolare le rocce sedimentarie del Trentino Alto Adige: alla vista del pezzo, che mi ha colpito per i colori, la brillantezza e la presenza di organismi fossili, tanta è stata la voglia di partire per un’escursione in montagna in fuga dal caldo soffocante della pianura. È bastato un campione di roccia per fare emergere tutti i ricordi legati alle mie amate Dolomiti, un luogo di straordinaria bellezza e importanza geologica, non per niente Patrimonio Mondiale UNESCO dal 2009.


Nella foto: Esemplare di dolomia dalle collezioni del Museo di Geologia e Paleontologia. La dolomia è un tipo di roccia sedimentaria che si forma comunemente negli ambienti di piattaforma carbonatica, può originarsi sia per precipitazione diretta dall’acqua di mare in condizioni di elevata salinità oppure, più comunemente, per sostituzione di un preesistente sedimento calcitico. Il processo di dolomitizzazione può essere così distruttivo da cancellare completamente le strutture originarie del sedimento calcareo, lasciando solo qualche fossile all’interno di una roccia cristallina di aspetto saccaroide, ma in altri casi i cristalli di dolomite sono così minuti da preservare anche le strutture più delicate.

LINDA ci parla del RITRATTO DI CONCETTO MARCHESI (Patrimonio Storico Artistico di Ateneo)

Sono particolarmente legata al ritratto del Rettore Concetto Marchesi attribuito a Giuseppe Santomaso perché ritrovare la sua figura dipinta sulla parete esterna della sala del Senato Accademico a Palazzo Bo è stato come ripercorrere un tratto della mia storia personale, a partire da quando frequentavo – sempre a Padova – il liceo classico a lui intitolato e tanto amavo gli autori latini che compaiono nei volumi alle sue spalle: Seneca e Lucrezio. Quest’opera, insomma, rappresenta per me non un semplice ritratto, ma il riassunto del mio percorso da studentessa del liceo a storica dell’arte, senza dimenticare mai l’importanza che Marchesi ebbe negli anni della Resistenza

Nella foto: Giuseppe Santomaso, Ritratto di Concetto Marchesi, post 1945, cm. 70x50, Padova, Palazzo del Bo, Anticamera del Senato Accademico.

 

PIETRO ci parla del FOSSILE DI LIBELLULA DEL GIURASSICO (Museo di Geologia e Paleontologia)
Mentre lavoravo in museo ho potuto toccare con mano fossili di ogni età e luogo e riordinando i reperti della Sala dei Telamoni ne ho ammirati di davvero particolari: quello che mi ha colpito di più è stato il fossile di questa libellula del Giurassico.
Non solo perché ha un’apertura alare di quasi 30 cm (immaginate questo elicottero che vi ronza davanti al giorno d’oggi) ma soprattutto per la sua incredibile conservazione .
Reperti come questo racchiudono quella che è per me l’essenza della paleontologia: ogni fossile è infatti unico, inimitabile, non ne esiste un altro uguale. È grazie alla paleontologia se i resti di organismi vissuti nel passato possono “vivere” ancora oggi.
Nella foto: Fossile di libellula del Giurassico dalle collezioni del Museo di Geologia e Paleontologia. Gli insetti fossili colpiscono raramente l’immaginario comune. Quando si dice fossile si pensa subito ai dinosauri, alle tigri con i denti a sciabola, alle ammoniti e ai trilobiti: questo perché sappiamo che di solito si conservano le parti dure, mineralizzate degli organismi, come ossa, conchiglie e così via. In casi particolari, però, si fossilizzano anche le parti non mineralizzate. Inoltre non dobbiamo trascurare che gli insetti possiedono spesso un robusto esoscheletro, che ne facilita la conservazione. Fossili di insetti, tra i quali libellule ben più grandi di quella che ha catturato l’attenzione di Pietro, sono noti fin dal Paleozoico.
Anche i fossili degli insetti contribuiscono a dare importanti informazioni su come si sia evoluta la vita sulla Terra e su come siano cambiati il clima e l’ambiente nel corso dei milioni di anni.
 
SARA ci parla della 'LAMPADA DA TERRA' di GIO PONTI (Patrimonio Storico Artistico di Ateneo)
Lavoro a palazzo Bo ormai da 17 anni, e ogni volta che passo, per lavoro, nella galleria del rettorato il mio sguardo si ferma inevitabilmente su queste lampade da questa forma particolare, che mi ricordano quando ero bambina.
Passavo interi pomeriggi a giocare soffiando su quel bastoncino così magico che creava quelle bolle così belle, colorate, leggere e libere di volare nel cielo.
Queste lampade mi ricordano proprio il bastoncino per fare le bolle e ogni volta che passo per quelle stanze sorrido ripensando alla magia e allo stupore dei miei occhi quando vedevo queste sfere perfette, luccicanti, trasparenti e allo stesso tempo multicolore che se ne andavano a spasso dondolando nell’aria e se poi venivano attraversate dal raggio di sole erano uno spettacolo ancora più stupefacente. Lo stesso sentimento di stupore che mi colpisce quando passo nella galleria del rettorato per la ricchezza di luce e di colori che ogni volta mi riempiono gli occhi e il cuore.
Mi ritengo molto fortunata a lavorare in questo Palazzo che in ogni situazione, in ogni occasione, con qualsiasi condizione meteo si fa ammirare con sfumature e giochi di luce sempre diversi e affascinanti.
 Nella foto: Gio Ponti (disegnatore), ditta Lumen (costruttore), Lampada da terra con braccio a muro come da dis. S 123, formata da un'asta e tre coppe in ottone laccato in bianco opaco, h. 3,05 metri (esclusa la punta superiore), 1940. Appositamente progettata per la Galleria del Rettorato, Palazzo Bo.
 
MONICA ci parla del VISORE PER FOTOGRAFIE STEREOSCOPICHE (Museo di Geografia)
In occasione della mia visita al Museo di Geografia sono rimasta colpita da questo incredibile visore per fotografie steroscopiche, che fa vedere immagini scattate ad inizio Novecento... in 3D! Ti permette così di apprezzare la storia e la geografia di luoghi vicini e lontani, nel tempo e nello spazio.
Nella foto: Sun Sculpture Stereoscope, esemplare di visore per fotografie stereoscopiche prodotto a New York dalla Underwood & Underwood non prima del 1901. Il visore è affiancato da un cofanetto contentente una collezione di 300 fotografie stereoscopiche, che raccontano in ordine cronologico il primo conflitto mondiale: conosciuto come "Keystone View Company World War Through the Stereoscope Collection", dal nome della ditta produttrice (appunto la Keynstone View Company), il cofanetto fu realizzato dal maggiore Joseph Mills Hanson e messo in commercio dal 1923. Esemplari conservati al Museo di Geografia, Università degli Studi di Padova.
 
DAVIDE ci parla del'AMMONITE (Museo di Geologia e Paleontologia)
La scorsa estate, durante i lavori di trasloco delle collezioni del museo, mi è capitata per le mani questa sezione di ammonite. All'inizio non l'avevo nemmeno notata, giaceva capovolta e sembrava uno dei fossili più piccoli e anonimi della vetrina. Ma quando l'ho girata... che spettacolo!
L'incontro tra l'armonia della conchiglia e la minuziosità dei minerali mi ha riportato alla mente gli spensierati anni universitari tra i banchi di Geologia, quella voglia di scoprire e conoscere le storie e i processi che hanno reso possibili queste piccole meraviglie della natura.
Nella foto: Esemplare di Ammonite conservato al Museo di Geologia e Paleontologia Università degli Studi di Padova. Le ammoniti sono molluschi oggi estinti, parenti di calamari, seppie e polpi. Le ammoniti dominarono i mari, in particolare nell’Era Mesozoica, con una grande varietà di specie e abbondanza di individui. I molluschi viventi più simili alle ammoniti sono i Nautilus: come questi le ammoniti avevano una conchiglia esterna, molto spesso avvolta a spirale, che in qualche caso poteva assumere forme insolite e bizzarre. Sezionando la conchiglia si vede che internamente è divisa in camere, la più esterna delle quali, detta camera d’abitazione, era occupata dall’animale. Le camere sono separate tra loro da setti, la cui linea di contatto con la parte interna della conchiglia è chiamata linea di sutura. Essa può avere un disegno molto complicato e spesso è ben osservabile nei fossili.
Grazie alla rapida evoluzione e all’ampia diffusione, le ammoniti sono considerate ottimi “fossili guida”, utili in biostratigrafia per la datazione relativa e la correlazione delle rocce che le contengono.
 
ALESSIO ci parla del CAMINETTO ECLETTICO DI GINO COPPEDÈ (Patrimonio Storico Artistico di Ateneo)
Appena entrato nel Salone degli Specchi di Palazzo Wollemborg, sono stato subito catturato da questo caminetto. Fin da quando ero piccolo, i caminetti dei palazzi mi hanno sempre affascinato per la loro grandezza e maestosità. Ma qui c'è qualcosa di più, c'è un effetto sorpresa dato dallo scoprire che non è fatto di marmo, come potrebbe sembrare ad una prima occhiata, ma di legno, lavorato con sapienza ed eleganza da un Coppedè ancora agli esordi della sua attività.
Nella foto: Gino Coppedè (1866-1927), Camino in stile eclettico, 1895, in legno dipinto a imitazione del marmo con rifiniture blu oggi quasi scomparse. Padova, Palazzo Wollemborg, Salone degli Specchi. Come notato recentemente dagli studiosi, il camino non presenta lo stemma dei Wollemborg (cervo con ramo di quercia in bocca), ma quello mediceo, forse un rimando al gusto antiquariale del tempo e all'origine fiorentina del progettista.
 

EMANUELE ci parla degli AFFRESCHI DI LOUIS DORIGNY A PALAZZO CAVALLI (Patrimonio Storico Artistico di Ateneo)
Non c'è un soggetto nella storia dell'arte che mi affascini quanto i putti. Louis Dorigny, in questa scena nello straordinario salone che affresca in Palazzo Cavalli, sembra omaggiarli con un tripudio di grazia giocosa in cui gli amorini, a gruppetti di due o tre, si dilettano con frecce, archi e faretre attorno alla madre Venere. Una vera joie de vivre in uno squarcio metafisico di cielo, che ci fa innamorare.
Nella foto: Louis Dorigny, 'Venere e Amorini', affresco, ante 1704, Salone nobile di Palazzo Cavalli, Padova.







SALVO ci parla dell'OLOTIPO DELLA TARTARUGA LIUTO (Museo di Zoologia)
Appena entrato al Museo di Zoologia, la prima cosa che ho fatto è stata andare a osservare dal vivo l’olotipo della Tartaruga liuto, quasi a volerla salutare per fargli sapere che ero arrivato in Museo e che mi sarei preso cura di lei. Sfiorandone il carapace affusolato e perfettamente idrodinamico, non ho potuto far a meno di apprezzare il pregio della preparazione, insolitamente bella per le tecniche tassidermiche settecentesche. Mi sono fermato a lungo a scrutare i suoi occhi di vetro dipinto, pensando a quanti luoghi e personaggi celebri avessero osservato e di quanti importanti eventi fossero stati testimoni per tre secoli... ma la cosa che più mi ha emozionato è stato rendermi conto che il prossimo tratto di strada lo avremmo percorso insieme.
Nella foto: L’Olotipo di Dermochelys coriacea (Vandelli 1761). L’esemplare fu catturato nel 1760 nei pressi di Ostia (Roma) e dopo la sua preparazione venne donato al Papa Clemente XIII. Da una lettera inedita del pontefice, datata 20 ottobre 1760, si apprende dell’invio della tartaruga a Padova, con l’intento di onorare l’Ateneo ed il Museo Vallisneriano. Domenico Vandelli, allievo di Antonio Vallisneri figlio, descrisse per esteso questa specie in un'epistola che inviò a Carlo Linneo nel 1761, facendo di questo esemplare il principale punto di riferimento scientifico della specie (l'olotipo).