Museo Giovanni Poleni

Il Gabinetto di Fisica di Giovanni Poleni

Se esperimenti e dimostrazioni di filosofia naturale si erano già diffusi nella seconda parte del Seicento, restavano perlopiù confinati nell’ambito delle accademie che si erano via via create in tutta Europa. Sotto l’influenza di Newton, vennero invece proposte in Inghilterra le cosiddette “lecture-demonstrations”, ossia lezioni pubbliche illustrate da numerosissimi esperimenti che miravano a diffondere la filosofia newtoniana. Basate sul modello delle dimostrazioni che venivano proposte in quegli anni presso la Royal Society, queste lezioni, per le quali furono sviluppati nuovi specifici apparati, si diffusero dapprima in Olanda poi nel resto d’Europa, riscuotendo ovunque grandissimo successo. Vennero allora create nelle varie università europee cattedre dette di “Filosofia Sperimentale” - o “Fisica Sperimentale” -, e si moltiplicarono i Gabinetti di Fisica, raccolte complete e omogenee di strumenti scientifici.

È in questo contesto che venne creata a Padova, nel 1738, la cattedra di filosofia sperimentale, affidata già all’inizio del 1739 a Giovanni Poleni. L’insieme della strumentazione raccolta da Poleni illustra e narra in modo esemplare i cambiamenti radicali che caratterizzarono la didattica in quel periodo, in cui si trattava di avere esperimenti e strumenti per dare dimostrazioni dirette e immediate delle leggi della fisica. Era peraltro necessario un delicato equilibrio tra la serietà del corso e la spettacolarità che contraddistingueva gli esperimenti di fisica di quegli anni in modo da unire “l’utile al dilettevole”, come teneva a precisare nel 1738 Jean Antoine Nollet, lo scienziato della corte del re di Francia, professore di fisica sperimentale al Collège de Navarre (“Programme ou idée générale d’un cours de physique expérimentale”).

Seppur essenzialmente destinata alla didattica, la collezione di Poleni comprendeva anche alcuni strumenti impiegati dallo studioso veneziano per le proprie ricerche. Paradigmatica in questo senso è la macchina divulsoria, che Poleni utilizzò per studiare la resistenza dei materiali nell’ambito del restauro della cupola di San Pietro a Roma. Nel 1743, su richiesta del papa Benedetto XIV, Poleni aveva infatti analizzato la struttura con grande cura, concludendo che era necessario colmare le fessure e rinforzare la cupola con dei cerchioni di ferro. Fu proprio per decidere la sezione dei cerchioni che Poleni impiegò la macchina divulsoria, ora conservata in uno dei depositi del Museo.